martedì 24 aprile 2012

la nostalgia del Mocambo

La romagna è, prima di essere un luogo fisico, una interpretazione. Una sorta di insostenibile leggerezza dell'essere, in chiave pop. Che, ammetto, in casi estremi sconfina in rincoglionimento cerebrale ma, a volte, è una visione di insieme molto pratica, che lascia poco spazio alle speculazioni. Anche conosciute come pippementali. I romagnoli vivono in letargo da novembre a marzo, in una sorta di gigantesca bolla di sapone, un luna park a riposo con luci spente, leggermente malinconico. Il mare incornicia tutto. A metà tra i personaggi felliniani e tondelliani, molto orgogliosi di fare un bisnèss della madoska con un mare che non racchiude proprio le qualità che dovrebbe avere un mare, e un ammasso di sabbia marrone. Si sono inventati molte facilities, la prima delle quali sono abbondanti piatti di lasagne. Con queste riescono a farsi perdonare un tedesco approssimativo e un francese dialettizzato.
Della romagna mi piace il risveglio dal letargo, in quello spazio temporale che va da marzo ad aprile, con il vento che soffia ancora e i bagnini già abbronzati che lavano lettini e ombrelloni. Mi piace quella sensazione di preparazione e di attesa, quando sai che a breve iniziarà l'invasione. Una condivisione forzata con personaggi scoppiatissimi, come se avessero aperto le gabbie della fauna umana. Mi piace quella sensazione che ha il cervello di vivere in bikini e infradito tutto l'anno, manco fosse a Recife. Una sorta di distacco dalla quotidianità, una vacanza mentale, che con qualsiasi persona tu stia parlando, ti porterebbe a confessare apertamente non prendermi troppo sul serio, che sono romagnola.

Ecco, io sono certa che avrò nostalgia di tutto questo, lo voglio proprio vedere il cervello in bikini sul lago, quando si sentirà fuori luogo e anche scemo. Come se fosse in un tinello marron che beve l'assenzio del tempo ladron. Lo so, ne sono consapevole, ma ancora non so come farmene una ragionevole ragione. Magari chiedo a Paolo.

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